Attività sindacali
17/07/2024
Per i pensionati Cisl è prioritario superare gli squilibri che già ci sono nel nostro Paese, ed esprimono preoccupazione su un’autonomia “spinta” su sanità e istruzione
Sintetizziamo di seguito un documento della Fnp nazionale,
condiviso dalla Fnp Veneto, sulle prospettive date dalla nuova legge
sull’autonomia differenziata, detta “legge Calderoli”, entrata in vigore il 13
luglio. Come Fnp non abbiamo nessun pregiudizio nei confronti dell’autonomia
differenziata ma serve una grande attenzione da parte di tutti (politica, istituzioni,
corpi intermedi, forze sociali, opinione pubblica) per evitare di
costituzionalizzare eventuali profonde ingiustizie. Siamo consapevoli che è un passaggio molto delicato, e siamo
altrettanto consapevoli che può rappresentare un rischio ma anche
un’opportunità.
PREOCCUPAZIONE PER
SANITÀ E ISTRUZIONE
A nostro parere, vi sono materie che non si prestano a una regionalizzazione spinta al 100%. Pensiamo
alle grandi reti di comunicazione, dell’energia, l’istruzione e la sanità.
L’Italia è una sola, e non si possono avere 21 sistemi sanitari o scolastici
regionali diversi! L’obiettivo comune deve essere il bene dei cittadini e la coesione sociale. Purtroppo, in senso
negativo, nel nostro Paese c’è già una sorta di autonomia differenziata se
pensiamo alla disparità di servizi e di accesso agli stessi.
Prima di realizzare, quindi, questa legge – soprattutto se
si parla di “isorisorse e finanza invariata” – bisogna rimuovere gli squilibri territoriali di oggi. Il punto non è di
impedire a chi sta già facendo bene (o benino) di fare meglio nell’erogare
servizi pubblici e favorire l’iniziativa privata, ma di non farlo a spese delle
parti più deboli del Paese, deprimendole ulteriormente. Dobbiamo essere capaci
di unire e non dividere.
LA LEGGE
SULL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA IN SINTESI
La “legge Calderoli” è una legge procedurale: attua la
riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 (ricordiamo: varata a
maggioranza da un Governo di centrosinistra, con la Cisl a suo tempo contraria).
È composta da 11 articoli e definisce le procedure legislative e amministrative
per l'applicazione del terzo comma dell'articolo 116 della Costituzione, cioè
quello che prevede “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” per
le 23 materie che l’articolo successivo, il 117, individua come materie di
legislazione concorrente.
Nove materie
possono essere trasferite alle Regioni senza
attendere la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep):
rapporti internazionali e con l’Unione Europea; commercio con l’estero;
professioni; protezione civile; previdenza complementare e integrativa;
coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; casse di
risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di
credito fondiario e agrario a carattere regionale; organizzazione della
giustizia di pace.
Per le altre quattordici materie occorrerà attendere
la determinazione dei Lep concernenti i
diritti civili e sociali, compresi quelli relativi alle funzioni
fondamentali degli enti locali, istruzione, tutela dell’ambiente, sicurezza del
lavoro, ricerca scientifica e tecnologica, tutela della salute, alimentazione,
ordinamento sportivo, governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi
reti di trasporto e di navigazione, ordinamento della comunicazione,
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, nonché
valorizzazione dei beni culturali e ambientali.
PERCHÉ I LEP
DIVENTANO DETERMINANTI
La concessione di
una o più forme di autonomia è, quindi, subordinata alla determinazione dei
Lep, cioè i criteri che determinano il livello di servizio minimo che
deve essere garantito in modo uniforme sull'intero territorio nazionale. E
per determinare i Lep, e quindi i costi e i fabbisogni standard, si partirà da
una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell'ultimo
triennio.
Il Governo entro 24
mesi dovrà varare uno o più decreti legislativi per determinare livelli e importi dei Lep. Una volta
avviata la procedura di richiesta dell’autonomia, Stato e Regioni avranno 5
mesi di tempo per arrivare a un accordo, che potrà durare fino a 10 anni e poi
essere rinnovate, o terminare prima. La legge attribuisce il potere di veto al
presidente del Consiglio nella concessione dell’autonomia e prevede, come
clausola di salvaguardia, la revoca della stessa in caso gli enti interessati si dimostrino
inadempienti.